Pagina:Eneide (Caro).djvu/306

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[495-519] libro vi. 265

495Coi Licii tutti, e con l’intera nave
Nel mar sommersi. Appresso Palinuro
Il gran nocchier de la troiana armata,
Che dianzi nel tornar di Libia, il cielo
E le stelle mirando, in mar fu tratto.
500A costui si rivolse, e poichè l’ebbe
Per entro una grand’ombra a pena scòrto
Così prima gli disse: O Palinuro,
E qual fu degli Dei ch’a noi ti tolse,
Ed a l’onde ti diede? Or lo mi conta:
505Chè deluso da Febo unqua non fui,
Se non se in te: Febo predisse pure
Che tu nosco del mar securo e salvo
Italia attingeresti. Ah! dunque un dio,
E dio del vero, in tal guisa ne froda?
510Rispose Palinuro: Inclito duce,
Nè l’oracol d’Apollo ha te deluso,
Nè l’ira ha me di Dio nel mar sommerso;
Chè ’l temone, ond’io mai non mi divelsi
Per tua salute, ancor per man ritenni
515Allor ch’in mare io caddi. Io giuro, Enea,
Per l’onde irate, che di me non tanto
Quanto del tuo periglio ebbi timore,
Che non la nave tua, del mio governo
Spogliata e del suo freno, al mar già gonfio


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