Pagina:Eneide (Caro).djvu/333

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292 l’eneide. [1170-1194]

1170De la stirpe d’Assáraco un rampollo.
Vedil colà, c’ha in su la testa un elmo
Con due cimieri, e tal, che il padre stesso
Già par ch’in cielo e nel suo seggio il ponga.
Questi, figlio, sarà quel grand’eroe,
1175Onde i suoi primi glorïosi auspicii
Avrà l’inclita Roma, quella Roma,
Che, sette monti entro al suo cerchio accolti,
Tanto si stenderà, che fia con l’armi
Uguale al mondo, e con le menti al cielo:
1180Roma di così prodi e chiari figli
Madre felice. Tal di Berecinto
La maggior madre infra i leoni assisa
E di torri altamente incoronata
Va per la Frigia, glorïosa e lieta
1185Che tanti ha figli in ciel, nepoti in seno,
Tutti che dii già sono o dii si fanno.
     Or qui, figliuolo, ambe le luci affisa
A mirar la tua gente e i tuoi Romani.
Cesare è qui, qui la progenie è tutta
1190Del grande Iulo, a cui già s’apre il cielo.
Questi, questi è colui che tante volte
T’è già promesso, il gran Cesare Augusto,
Di divo padre figlio, e divo anch’egli.
Per lui risorgerà quel secol d’oro,


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