Pagina:Eneide (Caro).djvu/426

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[870-894] libro viii. 385

870Ora in quegli anni e ’n quelle forze, ond’io
Sotto Preneste il primo incontro fei
Co’ miei nemici, e vincitore i monti
Arsi de’ scudi; allor ch’Èrilo stesso,
Lo stesso re con queste mani ancisi,
875A cui nascendo avea Feronia madre
Date tre vite e tre corpi, e tre volte
(Meraviglia a contarlo!) era mestiero
Combatterlo e domarlo; ed io tre volte
Lo combattei, lo vinsi, e lo spogliai
880D’armi e di vita; se tal, dico, io fossi,
Mai non sarei da te, figlio, diviso;
Mai non fòra Mezenzio oso d’opporsi
A questa barba; nè per tal vicino
Vedova resterebbe or la mia terra
885Di tanti cittadini. O dii superni,
O de’ superni dii nume maggiore,
Pietà d’un re servo e devoto a voi,
E d’un padre che padre è sol d’un figlio
Unicamente amato. E se da’ fati,
890Se da voi m’è Pallante preservato,
E s’io vivo or per rivederlo mai,
Questa mia vita preservate ancora
Con quanti unqua soffrir potessi affanni.
Ma se fortuna ad infortunio il tragge,

Caro. — 25. [560-578]