Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/369

Da Wikisource.

muti li rese il freddo gel di morte,
la non facile al pianto Anglia lo pianse,
e ove i regi e gli eroi britanni han tomba
35or dorme illustre a Shakespear accanto.
Scorse son nove lune, io stesso, io vidi
del borbonico Tito entro la reggia,
cui non lungi il Volturno irriga i campi,
le crescenti alla fama elette figlie
40della madre di un regno il molle piede
calzar del grave sofocleo coturno.
Allor colei, che la cecropia Atene
nel tragico invocò primo cimento,
fra le vendicatrici ombre di morte,
45le colme di velen tazze nefande,
d’Argo obliò le infami orride cene,
l’nultrici furie ed i puniti incesti,
e fra l’orror dell’accigliata fronte
d’ignota gioia balenolle un raggio.
50Or Talia, tua mercé, prima dolente
che rapito le avesse il prisco onore
la lusinghiera Euterpe, in man riprende
la maschera e in ridente atto soave
le ancor umide luci al ciel rivolge.
55Cosìcred’io che sollevasse il capo
dal ricolmetto mal velato seno
la piangente d’amor bruna Nigella,
quando dall’Arno mio Licida il biondo
al Sebeto natio fece ritorno.
60Compì l’opra gloriosa e con l’esempio
delle miserie altrui l’incauta addestra
debole gioventú; sferza, ridendo,
il multiforme vizio, e su le labbra,
che di minio colora il terzo lustro,
65di due vezzose verginelle rendi
ne’ suoi precetti la virtú piú bella.
A te solo tal gloria oggi riserba
quel fra i destini che d’Italia ha cura;
ora che in Zola, pria ridente asilo
70delle muse, dell’arti e dei piaceri,
il felsineo Molièr vedovo siede