Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/201

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parte prima. 193

trà ritenermi! Voglio sospendermi al suo collo; voglio giacere sul suo petto. Egli ha chiamato Ghita! e stava su la soglia. Ho riconosciuto l’amabile suono della sua voce fra gli orli furibondi dell’inferno, e gli scherni atroci dei demoni.

Fausto. Sì, son io!

Margherita. Sei tu! Oh, dillo, dillo un’altra volta! (afferrandolo) È lui! è lui! Tutti i miei dolori sono dissipati. Dov’è il carcere? dove i ceppi? Sei tu! Tu vieni a salvarmi! — Son salva! Ecco la via dove ti ho veduto la prima volta; quell’è il felice giardino dove Marta ed io ti abbiamo aspettato.

Fausto sforzandosi di condurla fuori. Vien via! vien via!

Margherita. Oh, statti! ch’io sto pur volentieri dove tu stai. (Lo vezzeggia amorosamente.)

Fausto. Ti affretta! Ogni poco che tu indugi, può costarne assai caro.

Margherita. E come? tu non sai più baciarmi? Da sì poco tempo, amor mio, sei diviso da me, ed hai già disimparato a baciarmi? Perchè son io sì turbata nelle tue braccia? E’ fu un tempo che una tua parola, un tuo sguardo m’inondavano l’anima di celeste dolcezza; e tu allora mi baciavi come seta volessi soffocarmi. Baciami! o ti bacio io! (Lo abbraccia) Ahi! ahi! le tue labbra son fredde — mute! Dov’è l’amor tuo? Chi ti ha tolto a me? Chi mi ha involato il tuo amore? (Si rivolge da esso.)

Fausto. Vieni! seguimi! fatti animo, mia cara! Io ti accarezzerò e bacerò con mille volte più di ardore che non ho mai fatto: ma seguimi, per pietà! Di questo solo ti supplico.