Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/203

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parte prima. 193

Margherita. Là fuori è la mia fossa, la morte sta in aguato, — e tu dici, vieni? Per di là vassi in luogo di eterno riposo; non un passo più lontano. — Te ne vai tu, Enrico? Oh, potessi venir teco!

Fausto. Tu il puoi, sol che tu il voglia. La porta è aperta.

Margherita. Non oso uscire; non ho più nulla da sperare. E che giova il fuggire? Essi stanno spiandomi. Ed è pur miserabile di dover mendicare, e sopra più con una triste coscienza. È pur miserabile l’andare errando agli stranieri! E inoltre mi ripiglierebbero.

Fausto. Io sarò sempre teco.

Margherita. Presto! presto! Salva il tuo povero figliuolo. Va! segui il sentiero lungo il ruscello, all’insù, — oltre il ponte, nel bosco, — a sinistra, dov’è la cateratta, — nello stagno. Presto, afferralo! egli si aiuta per levarsi su; vedi, si dibatte ancora! Salvalo, salvalo!

Fausto. Torna in te, infelicissima! Un sol passo e sei libera.

Margherita. O, fossimo al di là del monte! Là mia madre siede su un sasso, mi prende un gelo al capo! — là mia madre siede su un sasso, e crolla la testa. Essa non accenna nè guarda, e il suo capo è aggravato. Lassa, ha tanto dormito che non si sveglia più. Ha dormito perchè noi potessimo godere. Erano giorni beati quelli!

Fausto. Poichè non valgono nė preghiere nè esortazioni, io vedrò di rapirti di qui a forza.

Margherita. Lasciami! No, non patirò che mi