Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/346

Da Wikisource.
338 fausto.

Quali divinità strane e singolari! Ei generano sė medesimi eternamente, nè mai san nulla dell’esser loro.

    svegliano mai sempre l’idea dell’antichità più remota. Ebbero in Menfi un tempio e delle statue visitati solo da’ sacerdoti: e fu sopra queste immagini, che dopo la conquista dell’Egitto compieva Cambise il famoso sacrilegio accennato da Erodoto (Lib. III). Venivano i Cabiri segnatamente festeggiati in Samotracia, dove celebravansi in loro onore orgie e baccanali. Erodoto fa discendere quel culto dai Pelasgi: ma è poi sempre il dogma della forza fecondatrice della terra, e del principio genitore della natura. Una tragedia di Eschilo, di cui pochi versi appena giunsero fino a noi, intitolavasi: I Cabiri. Vengono questi sovente confusi co’ Telchini, coi Cureti e coi Coribanti, e specialmente co’ Dattili del monte Ida. Gli antichi davano ai Cabiri la forma di nani con una smisurata ventraia, stupidi ec. — Kreutzer ce li rappresenta come antiche deità della natura, portate dall’Egitto da’ Fenici. Dice essere sette, numero determinato da’ pianeti, e li fa congiungere ad un ottavo per nome Hepbaistos, che è ad un tempo Marte, Venere e Mercurio. Il fuoco mescesi all’acqua, donde ha origine la fecondità e la vita; quindi l’universale armonia. Schelling, nel suo Trattato degli Dei di Samotracia, s’ingegna di sciogliere a suo modo l’enimma; il culto de’ Cabiri giudica dover essere fenicio, e vi trova delle reliquie della religion primitiva. I Cabiri formano, a suo parere, una scala di enti sopranpaturali che va dal basso in alto, sicchè dallo istinto grossolano, e dall’appetito brutale, e dall’ente mezzano Kadmilos, messo degli Dei, s’innalza persino alla somma sapienza, al Demiurgos ed allo Zeus, o Giove. — Fra i mitologi tedeschi ingolfatisi in queste oscure questioni, è da citare in capo di lista Ch. A. Lobeck di Koenigsberg, cui gioverà consultare per la spiegazione della scena presente. L’opera di Lobeck venne pubblicata nel 1829 in dae enormi volumi, contenenti tre libri. Il primo tratta di Orfeo; de’ Misteri Eleusini il secondo; e l’ultimo di tutta quanta la famiglia enimmatica de’ Cureti, Coribanti, Dattili del monte Ida, Talchini, Cabiri, Cobali, e Chercopi. È probabilissimo che un tal lavoro abbia esercitata una grande influenza sull’animo di Goethe, occupato a que’ dì in questa parte del Fausto. I Cabiri, colleghi e commensali de’ sommi Dei (Strabone, X, 5.) appartengono alla Samotracia; e non derivano nè dall’Egitto, nè dalla Fenicia, come nulla hanno che fare coi Cureti, co’ Dattili o co’ Dioscuri. Divinità di origine pelasgica, sono i Cabiri in numero di quattro: Kabeiros, Kadmilos, Axieros, Axiokerros, e il segreto di tali nomini non istà nel greco, non nell’ebraico, nè tampoco in lingua altra veruna. I loro misteri comprendevano l’agricoltura, la fecondazione della terra, le seminagioni e le mèssi, e venivano celebrati con orgie e baccanali: bastava poi,