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sua cantina e la sua coscienza erano egualmente pulite.

Verso l’imbrunire di quel giorno don Rocco leggeva l’uffizio passeggiando su e giù nel cortile per fare un po’ di moto senza dilungarsi da casa. Chi sa? Forse poteva ancora venire, colui. Ogni tanto don Rocco si fermava e tendeva l’orecchio. Non udiva che voci di carrettieri giù nella pianura, rumori di ruote, abbaiar di cani. Finalmente ecco un passo nella stradicciuola che scende fra i cipressi; un passo tardo ma non pesante, un passo signorile con un certo strider sommesso di scarpe ecclesiastiche, un passo che ha il suo recondito significato, che esprime, a chi lo sa intendere, uno scopo non urgente ma grave.

Il portello si aperse e don Rocco, fermo in mezzo al cortile, vide comparire il fine viso ironico del professor Marin.