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una speranza — con insistenza ossessionante gli appariva il gesto femminile di Sona quando, per la prima volta, si era appoggiata al suo braccio, nella strada notturna. Piccoli giuochi di amanti che gli stringevano il cuore fino a fargli male — carezze rosse, furiose, che lo facevano rabbrividire. Le parole e i toni della voce — il significato di qualche goia — le finezze meravigliose della sensibilità. I paesaggi americani sfilavano cinematograficamente per ridargli momenti fugagi di affettuosi atteggiamenti, di osservazioni che sorridevano simboli e sottintesi d’amore. Tutte le discussioni e le affermazioni — le sicurezze tranquille di fedeltà — la catena interminabile di mille suggestioni.

Gli pareva di non poter più resistere, di doversi annullare di minuto in minuto per mancanza della sua energia animatrice. Vuoto, vuoto nero, senza sostegni: amarezza estrema che pesava paurosamente sulla disperazione. La sofferenza dirigeva ogni sua manifestazione fisica e morale. Terrore profondo di vedere il domani, di pensare al futuro. Aveva sempre allontanato questo incubo, soffocandolo nella tristezza presente.

Le riserve nervose s’indebolivano: anche la nostalgia si chiudeva in un involucro incolore, languidissimo. Un principio di lucidità si affacciava alla mente, ergendosi con fatica sanguinosa.

Erano passate diverse ore dall’abbandono. Farro riassumendo il suo dolore constatò, casualmente, che neppure una volta aveva sperato un riavvicinamento — la prospettiva di questo sogno non gli