Pagina:Finazzi - Sulle antiche miniere di Bergamo, 1860.djvu/23

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«Ego frater Heinricus Tridentinus Episcopus Imperialis Aule Cancellarius vice Domini Heinrici Colonien. Archiep. per Italiam Archicancellarii recognovi.

(Ex autentico Heinrici VII, quod asservatur in Tabulario Vallis).

Non poche, come si può vedere dalle noterelle poste a piè pagina del surriferito Diploma, sono le varianti fra l’autentico di Enrico VII, che serve di testo alla presente edizione, e la copia non forse delle più esatte che il Lupo ha potuto avere. Ma la più notevole di queste varianti è quella appunto, che concerne il valore o l’estensione che si dovrebbe dare al concesso privilegio; leggendo il Lupo «largiti sumus... facultatem... per vastitudinem nostri Imperii vendendi usque ad montem crucium et montem Bondionem»; mentre il codice, che noi seguiamo, porta: «usque ad montem cinerem et montem Bardonem». Ora, attenendosi alla lezione del Lupo, i valligiani s’industrierebbero di prendere il montem crucem per il sopra croce, sover-cros, prima miniera che zi trova procedendo da Schilquio verso i fondi, al disopra dalla quale zi trovano scavi abbondanti detti appunto sover-cros; quanto poi al Bondionem il Lupo, senza troppo badare, parrebbe averlo addottato per la consonanza del nome della confinante valle di Bondione e del vicino monte Gaffione notevole per ricchezza di miniera: «ex eo colligitur, dice però il Lupo, quam uberes sint ferri fodinae, in ea valle e conterminis montibus Bondione nempe ut modo appellatur et Gaffione; ad eas enim extenditur privilegium istud». Ma ove si addotti questa lezione il privilegio non avrebbe senso o lo avrebbe pressochè ridicolo. Poichè, dopo d’essersi detto che gli abitanti di Scalve potrebbero vendere il loro ferro per vastitudinem Imperii, si verrebbe poi a limitare nel breve giro della Valle, fra il monte Croce e il Bondione o Gaffione; e converrebbe in tal caso, per non render ridicolo il Diploma, storpiarne un poco le parole, o farci dire piuttosto, che quelli di Scalve potean vendere per