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vano: la sua casa, i parenti, il passato, l’avvenire le si aggiravano intorno silenziosamente, come libellule dal volo vellutato, come le tinte vaghe, degradanti sullo sfondo di un quadro; solo Marco restava distinto, profilato negli ultimi barlumi della sua vita, solo la voce del giovine adorato riusciva a scuoterla dal suo voluttuoso torpore, solo i suoi baci ardenti le davano un fremito per il sangue morente. Sui primi di aprile, perchè la malattia di Lara durò tutto l’inverno e invano Marco aveva messo in opera ogni mezzo per salvarla, parve rialzarsi alquanto, scese in giardino, visitò la zia e promise a Maura di condurla a passeggio la domenica seguente.

Ma fu l’ultimo sprazzo di luce della sua vita; ricadde subito e morì una sera di aprile, vestita di bianco, fra le braccia di Marco, davanti al verone spalancato.

Fuori il cielo sorrideva d’oro e d’ambra nel fulgido crepuscolo di primavera, la valle verde olezzava di giunchiglie e ginestre sotto l’ombra della montagna di granito disegnata sul fondo di smeraldo dell’oriente, e nel giardino di Lara le lille fiorite fremevano alla brezza azzurra della sera... Sulle prime a Marco sembrò un sogno, un orribile sogno; ma quando si convinse della realtà, quando Lara fu portata via nella cassa di pino foderata di damasco azzurro, e la casa che aveva eretto apposta per lei, rimase vuota, desolata, come l’ajuola senza il fiore, Marco cadde in un dolore profondo, muto, furibondo, maledicendo l’inesorabile Dio in cui pure non credeva, che l’aveva colpito con la sua folgore, lui che non aveva mai peccato, lui che amava e beneficava il prossimo, lui ch’era l’essere più giusto e più buono del mondo! Lasciò X*** e i luoghi dove aveva vissuto con Lara, la casa che ad ogni momento gli ricordava una felicità irrevocabile, e andò, andò, in cerca di oblio, in cerca di pace e di calma. Col tempo il suo dolore si lenì; trovò la calma, benchè triste e senza alcun sorriso; ma a un tratto fu invaso dal desiderio di ritornare laggiù, in quel lembo sconosciuto di terra dove era stato sì felice, nella casa dove «lei» era morta.

Fior di Sardegna 3