Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/209

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Chiamasi dietro i grandi e il volgo stesso,
ché tutti a forza vuol l’astuta volpe,
per un passo che faccia, il seguan presso.
70Fra morsi e punte d’infinite colpe
vive chi mal di fuora signoreggia,
ch’entro serve a chi gli rode ossa e polpe.
Mentre va, dunque, innanzi a tanta greggia,
vede calar tre coronate teste
75fra nobil calca che dal monte ondeggia.
Han loro verghe in mano; han loro veste
fin a’ taloni a modo de’ nostr’avi ;
hanno di re le insegne manifeste.
Son tre canuti venerandi e gravi,
80Gasparo, Melchiorre e Baldassaro,
giustissimi signori, acconci e savi,
sciolti d’ogni pensier crudel e avaro;
e di scienze tengon si le vene,
s’ognun fosse a natura segretaro.
85Le gemme e l’oro vengon dalle tene
della felice loro Arabia, ed anco
son d’aloe, d’incenso e mirra piene.
Lá innanzi, dietro, all’uno e all’altro fianco,
veggon del ciel i corsi e chiari specchi
90e san degli emisper qual ner, qual bianco.
Lá il sol augello, alli fiammati stecchi
postosi ad arder, par che grazia impètre
vestirsi nuovi vanni e porre i vecchi.
Han d’erbe e fiori, han d’animali e pietre,
95han d’altre cose assai notizia, e buoni
a sciórre i corpi ancor dall’ombre tetre.
Di fiamme, nevi, piogge, venti e tuoni,
folgori ed archi, mari, fiumi e laghi
san dire a pieno e d’altre passioni.
100Però son detti da lor lingua «maghi»;
«filosofi» da’greci; noi «saputi»;
l’ebreo nomarli «scribi» par s’appaghi.