Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/222

Da Wikisource.
216 caos del triperuno


del Tempo (egli scamparse a man a mano [«Sed fugit interea, fugit irreparabile tempus». Virg.]
s’asseta, tant’è vano!)
Pirene ed Appennino sian appesi,
che non si parta e i mesi
porti con seco e l’aura e ’l dolce umore,
ch’or monta in ogni foglia, in ogni fiore.
L’aureo, gioioso e mansueto aprile,
ch’or sparger d’ombre i verdi campi veggio,
piacciali eterno seggio
qui prender nosco, ch’altri non succeda.
Partito lui, si va di mal in peggio; [Aureae pueritiae succedunt libidinosa iuventus, ambitiosa virilitas, curiosa senectus, stomachosa decrepitas.]
mentre vi spira l’ausura a gentile,
Parca non sia, che file
umana vita, e Morte a Pluto rieda,
sol ombre ove posseda;
rinverdasi da sé omai la terra;
valete aratri, marre, falci e zappe!
non piú vepri saranno, cardi e lappe.
Quella natia vertú che ’n lei si serra,
senza ch’altri la sferra,
uscendo stessa ci dimostra quanto
sia di natura il manto
piú bello senza l’arte e piú verace, [Per se fert omnia tellus.]
ch’opra di voglia piú de l’altre piace.
Ecco di latte scorreno giá i fiumi,
sudano mèle i faggi, olio li abeti,
e su per que’ laureti
celeste manna ricogliendo vanno
le virgin ape; e i rosignoli lieti,
c’han d’or’ le penne, entro purpurei dumi
nidi d’argento e fine perle fanno,
securi di rapina o d’altro danno. [«... fede e innocenza son reperte solo ne’ pargoletti, poi ciascuna | pria fugge che le guanze sian coperte». Dante.]
L’impaventosa lepre lato al cane,
l’agnella presso al lupo queta dorme,
ché tutti li animal, giá in lor conforme,
natura tiene in sue medeme tane: