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70 orlandino


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Era la fame giá smarrita e persa,
le mense e le vivande son rimosse;
una sonora musica e diversa
di tre laugutti e due viole grosse
trasse al concento ogni anima dispersa,
ché ognun si sente liquefarsi l'osse.
Qui voci umane giunte a quelle corde
mostrâr che ’l ciel di lor men è concorde.
21
E pur trovo ch’alcuni vecchi padri
biasmâr di concordanze cotal pratica;
non so, lettor, se chiaramente squadri
esser stata la mente sua lunatica.
Ben so che gargionetti assai leggiadri
fûr grati piú ne la scola socratica
di tante note, che appellaron «buse»,
quasi se ’l buco a loro non s’incuse.
22
Dicean che molle vago effeminato
l’animo rende questa melodia;
come se ’l pescar merda (i’ son sboccato!)
non via piú molle effeminato sia.
Vedi tu quell’ipocrita velato
di santimonia, come va per via?
Non t’accostar, figliuolo, perché porta
nel corno il feno ed ha sotto la storta.
23
Chi danna il canto (vòi che chiaro il dica?),
qualunque biasma il canto ha del coione.
Se grata e grave ed utile fatica
fu quella di Virgilio e Cicerone,
giá non fia manco, mentre s’affatica
per noi Iosquin comporre, e Gian Motone:
itene dunque, sporchi, al vostro ufficio,
ch’è di sterco purgar l’altrui ospicio.