Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. II, 1913 – BEIC 1823663.djvu/16

Da Wikisource.
10 iv - seconda redazione delle


venuto a congiurare, mi hanno circuito con mille interrogazioni. Non avran torto; ma io ci risponderò domani, partendo. Cosí noi tutti italiani siamo fuorusciti e stranieri in Italia; e, lontani appena dal nostro territoriuccio, né ingegno, né fama, né illibati costumi ci sono di scudo; e guai se t’attenti di mostrare una dramma di sublime coraggio! Sbanditi appena dalle nostre porte, non troviamo chi ne raccolga. Spogliati dagli uni, scherniti dagli altri, traditi sempre da tutti, abbandonati da’ nostri medesimi concittadini, i quali, anziché compiangersi e soccorrersi nella comune calamitá, guardano come barbari tutti quegl’italiani che non sono della loro provincia e dalle cui membra non suonano le stesse catene... dimmi, Lorenzo, quale asilo ci resta? Le nostre messi hanno arricchiti i nostri dominatori; ma le nostre terre non porgono né tuguri, né pane a tanti italiani che la rivoluzione ha balestrati fuori del cielo natio, e che, languenti di fame e di stanchezza, hanno sempre al fianco il solo, il supremo consigliere dell’uomo destituto da tutta la natura: il delitto! Per noi dunque quale asilo piú resta, fuorché il deserto o la tomba... e la viltá? E chi piú si avvilisce, piú vive forse; ma vituperoso a se stesso e deriso da quei tiranni medesimi, a cui si vende e da’ quali sará un dí trafficato.

Ho corsa tutta Toscana. Tutti i monti e tutti i campi sono insigni per le fraterne battaglie di quattro secoli addietro: i cadaveri intanto d’infiniti italiani ammazzatisi hanno fatte le fondamenta a’ troni degl’imperadori e de’ papi. Sono salito a Monteaperto, dove è infame ancor la memoria della sconfitta de’ guelfi1. Biancheggiava appena un crespuscolo di giorno; e in quel mesto silenzio, e in quella oscuritá fredda, con l’anima investita da tutte le antiche c fiere sventure che sbranano la nostra patria, o mio Lorenzo! io mi sono sentito abbrividare e rizzare i capelli: io gridava dall’alto con una voce minacciosa

  1. Dante accenna divinamente questa battaglia nel decimo dell’Inferno; e que’ versi forse suggerirono all’Ortis di visitare Monteaperto. Ma il lettore può trarne piú ampie notizie da’ comenti del Landino e del Vellutello al canto citato e dalle Croniche di Giovanni Villani, lib. iv, 83. L’editore [F.]