Pagina:Foscolo - La chioma di Berenice, 1803.djvu/27

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degli uomini, il commento deve essere critico, per mostrare la ragione poetica; filologico, per dilucidare il genio della lingua e le origini delle voci solenni; istorico, per illuminare i tempi ne’ quali scrisse l’autore ed i fatti da lui cantati; filosofico, acciocché dalle origini delle voci solenni e da’ monumenti della storia tragga quelle verità universali e perpetue, rivolte all’utilità dell’animo, alla quale mira la poesia. Chi più congiunge queste doti, quegli, a mio parere, consegue l’essenza d’interprete, ch’io definisco: «far intendere la lettera e lo spirito dell’autore». Perciò, primo de’ commentatori a’ poeti latini reputo l’inglese Thomas Creech1, degnamente seguace anche sotterra del suo poeta, e per me onorato e caro come fosse vivo e presente. Ma, esaminando con queste norme gli espositori della chioma di Berenice, troveremo che il Conti fu critico in ciò solo che contempla l’architettura del poema, ed il Volpi ove intende di mostrare le imitazioni; di che vive un meraviglioso esemplare nel Virgilio di Lacerda. Tutti sono filologi, ma più per emendare inopportunamente il testo

  1. Lucretius, cum interpretatione et notis Thomae Creech, collegii omnium animarum socii, Oxonii, 1695.