Pagina:Foscolo - Poesie,1856.djvu/27

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Più sommessa, men trista; i dì tranquilli

Rendratti forse dopo dolor tanto. –
Erope. Sì, l’abbandono a te:1
d’altri delitti,
Se fieno i suoi ed i miei dì cagione,
Colpa non io n’avrò, ma tu: lo grido,
E lo protesto a’ numi.2

Scena terza

Ippodamia, il Fanciulletto

Ippodamia. E a’ numi eterni

Questo fanciul, quella misera donna
In cura io porgo. Di terror, di sangue
Irrequïeti omai gli anni trascorsero
Fra queste mura; ed io, madre infelice,
Altro non ho che il pianto... Il Ciel non cessa
Di punire le colpe: orrida pena
Della colpa di Tantalo, tu incalzi,
E piaghe a piaghe aggiungi, e truci a truci
Opre. – Ma alfin temp’è che ceda il giusto
Sdegno vendicator: no, tanti affanni
Non allettano i numi: in cor mel dice
Credula speme, fia che rieda pace.3

FINE DELL'ATTO PRIMO

Atto secondo

Scena prima

Tieste

Quest’è l’empia magion: io la riveggo

Colmo d’ira e terrore... Erope... è spenta;
E tardi io giunsi. – Qui me forse pianse;
Qui forse cadde, e qui spirò... Ma ascolto
Rumor: chi giunge mai? Fuggiamlo. È donna.
Fosse mia madre! – Dessa. –

Scena seconda

Ippodamia, e Detto


  1. abbandona il Fanciulletto a Ippodamìa
  2. Parte.
  3. Parte col Fanciulletto.