linea incerta riveli l’imitatore: dall’originale di cera si sarebbe
ricavato — da Leonardo o da altri — il bronzo. Per quanto
le considerazioni sue ci sembrino, in complesso, giuste e persuasive
un serio dubbio ci impedisce dall’accettarne, senza alcuna
riserva, la estrema conclusione. Poiché nessuna opera sicura
di Leonardo ci rimane — la varietà stessa delle sculture
attribuitegli da qualcuno n’è una conferma — ci manca
quel sicuro termine di paragone che in questo caso poteva
essere decisivo. Non si può negare che i confronti fra prodotti
d’arte d’indole così diversi, quali i disegni e una scultura,
per quanto lo stesso spirito ricolleghi questa a quelli,
possono essere interessanti, e — come nel caso nostro —
addirittura impressionanti, ma essi non possono convincerci in
modo assoluto. Perchè sussisterà sempre il dubbio che come
il maestro ebbe nella pittura seguaci che ne interpretarono
— nella Vergine delle Rocce di Londra, nella Belle Ferronière,
nel Musicista dell’Ambrosiana — sì fattamente l’arte
da esser stati per secoli confusi con lui, egli può bene avere
ispirato uno scultore valentissimo del suo tempo a riprodurre,
dai suoi disegni migliori, un bronzo che, eseguito sotto gli esempi
di Leonardo, ne interpretasse esattamente il pensiero. Ma non
ci nascondiamo che ne a Milano, dove pur qualche scultore,
come vedremo, risentì l’influsso dell’arte del grande e se ne
giovò come meglio potè, ne a Firenze conosciamo alcuno
scultore che tanto felicemente interpretasse un tipo e un’idea
del maestro al punto da esser scambiato con lui. La prudenza
— consigliera di una buona critica — ci induce ad
accogliere l’attribuzione attraente in via dubitativa. Ma gli
è pur certo d’altra parte — ripetiamolo — che nessun altra
scultura è così pervasa dell’arte di Leonardo e ne rappresenta
in modo più completo le caratteristiche quanto questa.