Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/221

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capitolo iv 215

     100Ma, quando vide sé in lo scudo mio,
perché lo sguardo suo è che uccide,
lí si specchiò e subito morío.
     Quando l’Invidia morto il figliol vide,
le man si morse con sospiri e pianto,
105con gran singolti, voci ed alte gride.
     Allor inver’ di lei mi feci alquanto,
dicendo:— O brutta e maladetta fèra,
o crudeltá, che ’l mondo guasti tanto,
     nel bel giardin di sempre primavera
110tu da primaio insidiosa intrasti
con falsitá e con bugiarda céra;
     i primi nostri, vergognosi e casti,
servi facesti di concupiscenza;
e i gran doni di Dio però fûr guasti.
     115Non ti ritenne poi l’alta innocenza
del iusto Abel, ch’era il primaio buono,
nato nel mondo d’umana semenza.
     Né che ’n quel punto egli facea il dono
d’offerta a Dio: allora piú feroce
120tu l’uccidesti senza alcun perdono;
     per che gridoe la terra ad alta voce
per lo sangue innocente; e cosí fece
per l’altro, il qual tu occidesti in croce.
     Le man fraterne armasti nella nece
125del bel Iosef, ed a ciò consentire
facesti i suoi fratelli tutti e diece.
     Non avesti piatá del gran martíre
dell’etá puerile e del lamento
del vecchio padre, che volea morire,
     130quando del figlio vide il vestimento
tinto di sangue; e tu, o fèra cruda,
stavi ridente e col volto contento.
     Ahi, belva trista e d’ogni piatá nuda!
A te Pilato, sol per saziarte,
135dimostrò il Re giá tradito da Iuda,