Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/261

Da Wikisource.

capitolo xii

     100Di sopra appresso avean tutti que’ frutti,
che mai fûnno in giardino ovver reame
o da Natura fusson mai produtti.
     Lí stavan genti dolorose e grame,
che per brama del pasto maggior pianti
105facean che ’l tristo, in cui entrò la fame.
     Prostrati in su li liti tutti quanti,
quando assetiti voglion prender l’onde,
e l’acqua e ’l vino a lor fuggon dinanti.
     In questo i pomi con le verdi fronde
110si fletton giuso sotto le lor ciglia
alle bocche affamate e sitibonde.
     L’uva s’abbassa bianca e la vermiglia,
sí che tocca la bocca a loro o quasi;
poi si ritrânno, e mai nessun ne piglia.
     115Cosí scornati e delusi rimasi,
mirano al cibo su le mense posto
e dell’ottimo vin pien tutti i vasi.
     Se, per prendere il lesso ovver l’arrosto
ovver il vino, alcun le man distende,
120da sua presenza si fuggon tantosto.
     In mezzo all’acqua, che ’l laco comprende,
Tantalo vidi stare insin al labbro;
e mai dell’acqua ovver de’ frutti prende.
     Sí grande sete mai non ebbe fabbro,
125né giovin ch’abbia la febbre terzana,
che fa la lingua e lo palato scabbro,
     quant’egli ha sete in mezzo alla fontana,
quando vuol bere e l’acqua da lui fugge,
sí che sua spene sempre torna vana.
     130E, perché egli niente ne sugge,
spesso sbaviglia e batte i denti a vòto,
ché di fame e di sete si destrugge.
     Cosí privato di cibo e di poto
sta tra li frutti con bramosa voglia
135ed assetito dentro l’acqua a noto.