Pagina:Gandolin - Guerra in tempo di bagni, Milano, Treves, 1896.djvu/217

Da Wikisource.

La palazzina, così tranquilla e silenziosa, parve diventata un covo di serpenti a sonagli.

Suonava il campanello del portone di strada. Suonava il campanello dello châlet. Suonava il campanello dell’ammiraglio.

Tinniva furiosamente, con la petulanza abituale dell’infernale strumento, il campanello del telefono.

Mario, impicciato come Arlecchino, servo di due padroni, sbuffava nell’atrio, si voltava a destra e a sinistra, e non sapeva nel contrasto del cervello a chi dare la preferenza.

Ma, dopo un momento d’esitazione, prese la decisione più logica, sia per affetto, sia per evitare un paio di schiaffi: andare dall’ammiraglio. Il quale si stava vestendo e sagrando secondo il solito.