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capitolo lv 321


la bell’anima del guerriero di Bergamo, ricorderà quanto modesto era ed umano.

Ma Pantantrac non la voleva finire, sia per certa naturale boria, sia per voler fare da gradasso in presenza delle dame, ed avrebbe fatto perder la pazienza a Giobbe.

Invano i suoi compagni di prigionia (giacchè si avvicinarono anche tre ufficiali fatti prigionieri a Tivoli) lo pregavano di far silenzio; invano l’impazienza cominciava a dipingersi su tutti i volti, senza eccettuare quello del Capo. Finalmente Talarico, che quantunque non molto versato nelle lingue straniere, ne sapeva abbastanza per capire che la maggior parte delle ingiurie eran dirette a lui, che aveva la principal colpa di tale scena, avanzossi verso Nullo rispettosamente, e disse:

«Quel signore si lamenta d’esser stato da me assalito a tradimento e per di dietro; e confesso il mio torto, egli ha ragione. Volete permettermi di combatterlo petto a petto, col mio pugnale soltanto, e lui armato di sciabola o spada, come meglio gli aggrada?»

La proposta piacque poco a Nullo, su di cui la fedeltà ed il coraggio del bandito già avevano suscitato molta simpatia, e naturalmente contava su di lui, per la sua pratica, nell’arduo viaggio che si doveva proseguire per i monti.

Ma Pantantrac continuando ad insultare e sfidare tutto il mondo, e Talarico persistendo a volerlo combattere singolarmente, Nullo finì per