Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/44

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aeriwiiiianiftiwwiM drammi, pure, secondo quel che ne pare, mancando tuttora quella necessaria predisposizione nel pubblico per poterle pienamente gustare, e mancando tuttora nella massa generale degli slromenlisli italiani la massima parte di quegli elementi necessari per poterla perfettamente {interpellare ed espórre", mai finora si potè giungere tra noi ad ottenere dei risullamenti pienamente favorevoli nei varii tentativi che vennero fatti col presentarle al pubblico. E ciò si è la vera e potente causa dell* attuale trascuratezza dui nostri compositori italiani nel dedicarsi di proposito agli sludii severi della musica strumentale, poiché da una parte trattenuti dalla difficoltà dei melodi, dall’altra scoraggiali dalla fredda accoglienza che il pubblico dimostra per simil genere di produzioni, al timore di non riuscire all’intento si aggiunge una troppo incerta speranza di adegualo compenso delle loro fatiche. Cosi l’Italia oggi non possiede una musica stromentale sua propria e neppure, nella sua generalità, è in grado di pienamente gustare quella delle altre nazioni. Il piccol numero di onorevoli eccezioni, che contro un tale asserto potrebbe addursi, non basta a smentir questo fatto. Ma a ben riflettere ci sembra cosa impossibile che gli Italiani, ormai da tutto il mondo salutati per i popoli i più eminentemente dotati dalla natura di un istinto musicale, possano rimanersi tuttora in uno stato di insensibilità per le alte espressioni della musica, allorché la si presenti ad essi priva del soccorso della parola o del gesto, il di cui sussidio può unicamente servire ad illuminar lo spirito dell’uditore su i varii oggetti delle sue espressioni, ma non mai ad accrescerne la forza. Cosicché è da conchiudersi che qiiel tanto che fin qui è stato ad essi offerto in questo genere, o non è confaciente alle loro maniere di sentire, o non é stato loro presentato nella maniera che richiedeasi. Dunque le nuove ricerche, e gli studii più estesi e più profondi sulla musica stromenlalc sembrano essere oggi una delle necessità dell’arte, poiché la gran missione degli italiani di ridurre ad uno stato popolare ed universale la loro musica drammatica fu compita da Rossini, nò i suoi continuatori possono oggi rimanere allettati dall’abbondanza dei mezzi di far brillare le loro produzioni per la parte dei cantanti, mentre vediamo che le tendenze attuali dell’arte più agli stromenti si referiscono che ai progressi del canto. Quanti miglioramenti non si sono eglino introdotti e tutto dì si introducono nella costruzione degli stromenti musicali? Quanti metodi, studii, ed esercizi di continuo non si pubblicano per facilitare ed appianare ogni difficoltà meccanica, affine di giungere più sollecitamente a ben suonare ogni strumento? Or dunque, per quanto ne apparisce, sembra che in Italia attualmente tutte le forze cospirino a formare dei migliori materiali, e ad accrescere i mezzi per creare un nuovo genere di musica stromentale, che poscia nel ricongiungersi con una poesia drammatica migliore di quella che oggi possediamo, condurrà al compimento dei più alti destini della musica futura. A tale effetto crediamo utile lo esporre alcune generali considerazioni, tanto sulla esecuzione, che sulla composizione della musica stromentale (*). Luigi Picchiasti. (1) Daremo quanto prima il II e III articolo. TSEslen. CRITICA MELODRAMMATICA liUICil V RE RI FRANCIA del SI «entro Mazzkato. Ciò die assai ni’imbarazza è di trovar conveniente: modo per dar principio a questo articoletto. Più da un’ora vado fantasticando per entrare alla meglio nel mio soggètto, senza poter nulla determinare. Mi vengono ad un tratto alla mente molte cose a dire, ma non so a quale appigliarmi. Dovrei forse scarabocchiare un sunto del melodramma del Luigi V? non importa, già l’hanno fatto altri allorché venne alla luce nella Quaresima del 1832 col titolo di Ugo Conte di Parigi, sfolgoreggiante di eccellente versificazione, ed al quale ora con inavvertente consiglio si falsificò il nome del protagonista e si aggiunsero alcune meschine strofe ed altre si tolsero. Mi aggrapperò a’ gioghi dell’estetica musicale, o m inabisserò nelle latebre della profondità scientifica, per tosto argomentare che le note (del Mazzucato son lodevoli? Ciò conviene solo a chi avanti il proprio nome può segnare il pomposo qualificativo di maestro, e lo stesso Mazzucato con onore l’ha già provato iti questo stesso giornale nel tener discorso della Saffo e dell’imponente Nabucco. Debbo io dunque raccontare la vita dell’operoso precettore di canto nell’I. R. Conservatorio e del traduttore del Metodo diGarcia? Lasciatelo innoltrare negli anni e anch’egli avrà il suo biografo... Mi viene un felice pensiero e perchè non potrei dar subito incominciamento con uno scorrevole cenno sugli spartiti dallo stesso già in pubblico prodotti? Nulla di meglio; per ottenere questo basta un po’ di memoria statistico-musico-drammatica e sfogliazzare alcuni giornali. Si cominci adunque che n’è ora mai tempo. L udinese Mazzucato, dopo aver compili gli studi di matematica nell’Università di Padova, ivi nel 1854 entrò nella carriera musicale, spintovi dallefierveseente suo estro e dalla felice sua organizzazione musicale, e senza essere abbastanza sorretto da’ fondamenti Scientifici, a ben poche lezioni di contrappunto avendo in prima ricorso. La fidanzata di Laìtyhiermoor, la melodica opera del suo esordimento. prodotta a Padova ebbe un’accoglienza di tutta festa ed anche a Milano venne apprezzata per ispontaneità e leggiadria di pensieri. 11 successo di questo spartito ben fece di lui preconizzare. e gli apri l’adito ad esporre al teatro della Canobbiana il Don Chisciotte. la cui musica, pel bizzarro soggetto non consentaneo ad un’opera, non potè assicurarsi quel prospero risultato che per alcuni cori e duetti e per due arie si meritava. Visitata Parigi ed ivi a’celebri concerti di quel Conservatorio attentamente e con entusiasmo ascoltati gl’insuperabili capolavori istrumentali del colosso che nomasi Beethoven, e compreso di ammirazione pe’ modulati ed armonici componimenti drammatici del rinomato autore del lìoberto il Diavolo e degli Ugonotti e di quello della Ebrea, passò molti giorni e vegliò lunghe notti nello studio delle partizioni che lo avevano maggiormente scosso, e quindi ritornò alla sua patria con una direzione nelle sue idee musicali assai differente a quelle ch’ei professava avanti il suo viaggio, con un nuovo culto nella mente ed ansioso di far apprezzare in Italia il più Il elaborato stile d’oltremonte. Pertanto,pieno di fuoco, e forse troppo fidente in sé stesso, j; sopra un complicato ed astruso sentiero si!| avviò, a compiutamente riuscir nel quale li necessitava eli’ egli a preferenza fosse do!| iato di ogni più arcana {cognizione della: scienza. La prima prova dal Mazzucato of1 feria nel 1858, dietro il sistema da lui nuovamente abbracciato, fu con calore ed insistenza applaudita a Mantova, Udine e Mi; lano, e 1 Esmeral’da. dalla impronta fantastica e dalle robuste tinte, vi servi di trionfo all’esimia Taccani. e al fervido; maestro cattivò de’fautori. Non pochi pezzi I di questa romantica opera, in ispecie un notevole terzetto, palesarono in guisa che, non ammette dubbj le intenzioni dram; matico-musicali del Mazzucato. il quale più: che aU’]incanto delle forme e cantilene ine■I! Iodiche, sembrava mostrarsi proclive a dar: valore alla declamazione, richiesta non solo:j dalle situazioni del dramma, ma quasi da i ogni parola poetica. - Per varie cause, che | qui non giova riferire, compresi non furono e non potevano essere i malmenati Corsari. fin dalla prima rappresentazione alla Scala ravvolti in un turbine tale che sembrò sgomentare il giovane compositore e che, se non erro, valse ad opportunamente avvertirlo che l’eccedere nelle belle arti, ove ne derivi il manierismo, è sempre riprovevole: che per le orecchie italiane voglionsi anzi lutto effetti melodici, e che i contorti e triti giri d’istromentazione, di modulazioni e di armonie difficilmente in pubblico ponno pretendere a buon fine. Mazzucato da bravo, modificando alquanto le precedenti sue preoccupazioni, e rinfrancato nel maneggio della concertazione e delle disposizioni artistiche, poco tardò a rimettersi nell’opinione di molti co’ Due i Sergenti che per le bellezze di cui van preji giate l’introduzione, il duetto ed il trio; nel primo atto, non che il terzetto, un jj coro e un duo nel secondo assai aggradi: rono al teatro Re nel Carnovale 1841,; quindi più ancora nello scorso autunno a Genova e nuovamente or ora al Re. - Qui | non è luogo di discutere de’ pregi e dei | difetti di queste svariate cinque opere che j precedettero Luigi gli imparziali intelligenti hanno già assegnato il posto j che ciascuna di esse deve occupare nella gerarchia musicale, e non giova ripetere quale sia, oliò dallo studioso ed immaginoso loro autore si era in dritto di attendere cose migliori, e migliori in fatto ebbe ad offrirci nell’opera scopo di questi cenni, destinata ad esser presto riprodotta in teatri di maggior importanza del Re e da una più completa e grandiosa esecuzione ad aver più potente risalto. Luigi V Re di Francia piacque molto, e nella sera del 23 (prima rappresentazione) il maestro or solo, or cogli interpreti della sua composizione, al di là di diciassette j volte comparve a ringraziare l’applaudente j; pubblico. Nel primo atto devesi far men- j zione di un sommesso preludio a’ suoni j| legati per la sua purezza degno di encomj; | dell’adagio della cavatina di Edita (la ìj Yietti) elegante fiore melodico-, del coni- lì movente a solo di Bianca (la Cazzaniga) | a’ versi - Io la vidi... ah chi non C ama - 1 e del graziosissimo moderato in sol a 5/4 || fra le due donne, leggiadro ed affettuoso |i tema all’unisono anche col clarinetto, la O cui variata seconda parte si compone di rfy una serie di difficili passi per terze che ^ han fine in una brillante coda, e fan valere la non volgare valentia delle festegmmm