Pagina:Gemme d'arti italiane - Anno I, Carpano, 1845.djvu/127

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fermo, e non per questo sarà di farne rimprovero allo scultore. Egli più che all’esempio degli altri amò attenersi alla scuola della natura, abbandonò l’antico per andare in traccia del moderno, e se nella sua Diva voi cercherete indarno la figlia del mare, la madre d’amore, la delizia degli uomini e de’ numi. vi basti di trovare in essa un tipo di femminil leggiadría; chiamatela con altro nome, è tutt’uno; pur che sia leggiadra e vi attragga soavemente, poco monta che non sia la Dea d’Amatunta, sarà la Venere di Napoli, di Torino di Milano, ma sarà sempre una Venere.

lo so che molti fra i cultori dell’arte sfidati di rinvenire un incensurabile esempio di bellezza moderna l’hanno dichiarato impossibile, ed affermarono non esister che una specie di bello espresso già da lungo tempo dai Greci.

Ma sarà egli vero che l’arte abbia rivelato il suo ultimo precetto, abbia fatto l’estremo suo sforzo due mille anni fa? È egli vero che non si possa ragionevolmente calcare altra via fuor quella già tracciata dai Greci? Tanto varrebbe asserire che l’umana razza da venti secoli non ha fatto che degenerare, e che quel che l’uomo altre volte operò, or più non possa o sappia operare. Se il bello antico tranquillo, maestoso, preciso ritraea splendore principalmente dalla nettezza dei contorni, dalla squisita perfezion delle forme, dalla rigorosa armonia delle proporzioni, il bello moderno richiede movimento, vita, energia. L’espression della calma è una, quelle delle passioni sono infinite; come mai adunque si vorranno le arti stazionarie, ed immutabili?

Nè io qui io voglio affermare avere il Bisetti colto addirittura nel segno, col dar alla fisonomia della sua