Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu/153

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CANTO QUINTO. 131

XI.


     Nè mancherà quì loco, ove s’impieghi
Con più lucida fama il tuo valore.
Or io procurerò, se tu nol nieghi,
84Ch’a te concedan gli altri il sommo onore.
Ma perchè non so ben dove si pieghi
L’irresoluto mio dubbioso core,
Impetro or io da te, ch’a voglia mia
88O segua poscia Armida, o teco stia.

XII.


     Qui tacque Eustazio, e questi estremi accenti
Non proferì senza arrossirsi in viso:
E i mal celati suoi pensieri ardenti
92L’altro ben vide, e mosse ad un sorriso.
Ma perch’a lui colpi d’amor più lenti
Non hanno il petto oltre la scorza inciso;
Nè molto impaziente è di rivale,
96Nè la Donzella di seguir gli cale.

XIII.


     Ben altamente ha nel pensier tenace
L’acerba morte di Dudon scolpita:
E si reca a disnor, ch’Argante audace
100Gli soprastía lunga stagion in vita:
E parte di sentire anco gli piace
Quel parlar, ch’al dovuto onor l’invita:
E ’l giovinetto cor s’appaga, e gode
104Del dolce suon della verace lode.