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236 LA GERUSALEMME

LXXXVI.


     Vien contro al foco il turbo, e indietro volto
Il foco, ove i Pagan le tele alzaro,
Quella molle materia in se raccolto
684L’ha immantinente, e n’arde ogni riparo.
O glorioso Capitano, o molto
Dal gran Dio custodito, al gran Dio caro!
A te guerreggia il Cielo: ed ubbidienti
688Vengon chiamati, a suon di trombe, i venti.

LXXXVII.


     Ma l’empio Ismen, che le sulfuree faci
Vide da Borea incontra se converse,
Ritentar volle l’arti sue fallaci
692Per sforzar la natura, e l’aure avverse:
E fra due maghe, che di lui seguaci
Si fer, sul muro agli occhj altrui s’offerse:
E torvo, e nero, e squallido, e barbuto
696Fra due Furie parea Caronte, o Pluto.

LXXXVIII.


     Già il mormorar s’udia delle parole
Di cui teme Cocíto, e Flegetonte:
Già si vedea l’aria turbare, e ’l Sole
700Cinger d’oscuri nuvoli la fronte;
Quando avventato fu dall’alta mole
Un gran sasso, che fu parte d’un monte:
E tra lor colse sì, ch’una percossa
704Sparse di tutti insieme il sangue e l’ossa.