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262 LA GERUSALEMME

LVI.


     Intanto noi signoreggiar co’ sassi
Potrem della Città gli alti edificj:
Ed ogni calle, onde al Sepolcro vassi,
444Torran le nostre machine ai nemici.
Così, vigor porgendo ai cor già lassi,
La speme rinnovò negl’infelici.
Or mentre quì tai cose eran passate,
448Errò Vafrin tra mille schiere armate.

LVII.


     All’esercito avverso eletto in spia,
Già declinando il Sol, partì Vafrino:
E corse oscura e solitaria via
452Notturno e sconosciuto peregrino.
Ascalona passò, che non uscia
Dal balcon d’Oriente anco il mattino.
Poi, quando è nel meriggio il solar lampo,
456A vista fu del poderoso campo.

LVIII.


     Vide tende infinite, e ventilanti
Stendardi in cima azzurri e persi e gialli;
E tante udì lingue discordi, e tanti
460Timpani e corni e barbari metalli,
E voci di cammelli, e d’elefanti,
Tra ’l nitrir de’ magnanimi cavalli,
Che fra se disse: quì l’Africa tutta
464Translata viene, e quì l’Asia è condutta.