Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/365

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CANTO VIGESIMO. 335

CXXXVII.


     In questo mezzo il Capitan d’Egitto
A terra vede il suo regal stendardo:
E vede a un colpo di Goffredo invitto
1092Cadere insieme Rimedon gagliardo:
E l’altro popol suo morto e sconfitto;
Nè vuol nel duro fin parer codardo.
Ma va cercando (e non la cerca invano)
1096Illustre morte da famosa mano.

CXXXVIII.


     Contra il maggior Buglione il destrier punge:
Chè nemico veder non sa più degno.
E mostra, ov’egli passa ov’egli giunge,
1100Di valor disperato ultimo segno.
Ma pria ch’arrivi a lui, grida da lunge;
Ecco per le tue mani a morir vegno;
Ma tenterò, nella caduta estrema,
1104Che la ruina mia ti colga e prema.

CXXXIX.


     Così gli disse; e in un medesmo punto
L’un verso l’altro per ferir si lancia.
Rotto lo scudo, e disarmato, e punto
1108È il manco braccio al Capitan di Francia.
L’altro da lui con sì gran colpo è giunto
Sovra i confin della sinistra guancia,
Che ne stordisce in sulla sella: e mentre
1112Risorger vuol, cade trafitto il ventre.