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276 storia della decadenza

nato loro d’esercitare sopra tante soggette nazioni, erano adequate all’ambizione ed all’abilità de’ più consumati ministri. Alla lor saviezza fu commessa l’amministrazione suprema della giustizia e delle finanze; oggetti che in tempo di pace comprendono quasi tutti i respettivi doveri del Sovrano e del popolo; del primo per difendere i cittadini, che sono ubbidienti alle leggi; del secondo per contribuire quella porzione di lor sostanze, che si richiede per le spese dello Stato. Dall’autorità de’ Prefetti del Pretorio si regolavano il conio delle monete, le pubbliche strade, le poste, i granai, le manifatture e tutto ciò, che interessar potea la pubblica prosperità. Come immediati rappresentanti della maestà Imperiale avevan la facoltà di spiegare, di ampliare, o qualche volta di modificare gli editti generali per mezzo delle prudenziali loro dichiarazioni. Invigilavano essi sulla condotta de’ Governatori delle province, deponevano i trascurati, e punivano i delinquenti. In ogni affar d’importanza o civile o criminale si poteva appellare da qualunque inferior tribunale a quello del Prefetto; ma le sentenze di esso eran finali ed assolute, e gl’Imperatori medesimi ricusavano d’ammettere alcuna querela contro il giudizio, o l’integrità di un magistrato, ch’essi onoravano di tanto illimitato potere1. Il suo stipendio era conveniente alla sua

  1. A Praefectis autem Praetorio provocare non sinimus dice Costantino medesimo in una legge del Cod. Giustin. lib. VII. Tit. LXII. leg. 19. Carisio, Giurisconsulto del tempo di Costantino (Heinec. Hist. Jur. Rom. pag. 349), che risguarda questa legge come un fondamental principio di Giurisprudenza, paragona i Prefetti del Pretorio a’ Generali di cavalleria degli antichi Dittatori. Pandect. l. I. Tit. XI.