Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/315

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dell'impero romano cap. xvii. 309

del popolo. Sotto la gran protezione, che loro dava un debole Regno, si moltiplicarono fino all’incredibil numero di diecimila, sdegnavan le dolci, ancorchè frequenti ammonizioni delle leggi, ed esercitavano nel lucroso maneggio delle poste una rapace ed insolente oppressione. Questi delatori, che avevano una regolar corrispondenza colla Corte, venivano incoraggiati dal favore e dal premio a scuoprir diligentemente i progressi di qualunque ribelle disegno, dai deboli ed oscuri sintomi di mal contentezza fino agli effettivi apparecchi di un’aperta ribellione. La loro trascuratezza o reità nel violar la verità e la giustizia, era coperta dalla sacra maschera dello zelo; e potevan sicuramente diriger gli avvelenati lor dardi tanto contro gl’innocenti quanto contro i colpevoli, che provocato avessero il loro sdegno, o ricusato di comprar da loro il silenzio. Un suddito fedele della Siria, per esempio, o della Britannia, era esposto al pericolo o almeno al timore d’esser tratto in catene alla Corte di Milano, o di Costantinopoli per difender la vita ed i beni dalla maliziosa accusa di questi privilegiati informanti. Si regolava l’amministrazione ordinaria con que’ metodi, che la sola estrema necessità può scusare; ed alle mancanze di prove diligentemente supplivasi coll’uso della tortura1.

    l. I. n. 190. p. 264. Gl’Imperatori adottarono con piacere questa metafora Persiana.

  1. Quanto agli agentes in rebus vedi Ammiano l. XV. c. 3. l. XVI. c. 5. l. XXII. c. 7. colle curiose annotazioni del Valesio. Cod. Theod. l. VI. Tit. XXVII. XXVIII. XXIII. Fra i passi raccolti nel Comentario del Gotofredo, il più osservabile è quello preso da Libanio nel suo discorso intorno alla morte di Giuliano.