Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/333

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dell'impero romano cap. xvii. 327

compiaceva d’accettar questo debole, ma volontario attestato della lor fedeltà e gratitudine1.

Un popolo, insuperbito dall’orgoglio, od esacerbato dalla scontentezza, si trova rare volte in grado di formare una giusta idea dell’attuale sua situazione. I sudditi di Costantino erano incapaci di discernere la decadenza del genio e della maschia virtù, che tanto li rendeva inferiori alla dignità de’ loro antenati: ma potevano ben sentire e dolersi del furor della tirannia, del rilassamento della disciplina e della moltiplicazione delle tasse. L’istorico imparziale, che riconosce la giustizia de’ loro lamenti, non lascerà d’osservare alcune favorevoli circostanze, che tendevano ad alleggerir la miseria della loro condizione. La minacciosa tempesta de’ Barbari, che sì presto rovesciò i fondamenti della grandezza Romana, era sempre rispinta o sospesa sulle Frontiere. Si coltivavano le arti del lusso e le lettere, e dagli abitanti di una gran parte del globo godevansi gli eleganti piaceri della società. Le formalità, la pompa, e le spese del Governo civile contribuivano a tenere in freno l’irregolar licenza de’ soldati; e quantunque le leggi fossero violate dalla forza, o pervertite dalla sottigliezza, i savj principj della Romana giurisprudenza conservavano tuttavia un sentimento d’ordine e d’equità, incognito al dispotico governo dell’Oriente. I diritti dell’uman genere potevan trarre qualche patrocinio dalla Religione e dalla Filosofia; ed il nome di libertà che non doveva più destar timore ve-

  1. Cod. Theod. l. 1II. Tit. XIII. I Senatori si supponevauo esenti dall’aurum coronarium; ma l’oblatio auri, che si esigeva dalle lor mani, era precisamente dell’istessa natura.