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minili lamenti1, egli descrive co’ più vivi colori l’abito ed i costumi, le armi e le incursioni de’ Goti e de’ Sarmati, che s’erano uniti con disegni di distruzione; e dalle notizie che ci dà l’istoria, v’è qualche motivo di credere, che questi Sarmati fossero i Jazigi, una delle più numerose e guerriere tribù della nazione. Gli allettativi dell’abbondanza gl’invitarono a cercarsi un permanente stabilimento sulle frontiere dell’Impero. Poco dopo il regno d’Augusto, essi costrinsero i Daci, che sussistevano mediante la pesca sulle rive del fiume Teyss o Tibisco, a ritirarsi nelle montagne, abbandonando a’ Sarmati vittoriosi i fertili piani dell’Ungheria superiore, che han per confini il corso del Danubio ed il semicircolare recinto de’ monti Carpazi2. In tal vantaggiosa posizione potevano avanzare o sospendere il momento dell’attacco, secondo che venivan provocati dalle ingiurie o addolciti dai presenti; appoco appoco appresero l’arte di usare armi più pericolose; e quantunque i Sarmati non abbian

  1. I nove libri delle poetiche epistole, che compose Ovidio ne’ primi sette anni del suo tristo esilio, hanno, oltre il merito dell’eleganza, un doppio pregio. Presentano, cioè, una pittura dello spirito umano, posto in circostanze molto singolari, e contengono molte curiose osservazioni, che nessun Romano, fuori che Ovidio, avrebbe avuto l’occasione di fare. Si è raccolta ogni circostanza, che può contribuire ad illustrar l’istoria de’ Barbari dell’accuratissimo Conte di Buat. Hist. Anc. des Peupl. de l’Europe Tom. IV. c. XVI. p. 286-317.
  2. I Sarmati Jazigi eran già stabiliti sulle rive del Patisso o Tibisco, quando Plinio pubblicò nell’anno 79 la sua Storia Naturale. Vedi l. IV. c. 15. Al tempo di Strabone e di Ovidio, sessanta o settant’anni avanti, par che abitassero al di là de’ Geti, lungo le coste dell’Eussino.