Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/385

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dell'impero romano cap. xviii. 379

avrebbe la sua inconsideratezza, qualora si fosse avventurato di provocare i Sovrani dell’Occidente ad esercitar la superiore lor forza e ad impiegare contro di lui quel valore, quell’abilità e quelle legioni, alle quali la famiglia di Costantino doveva tanti trionfi. Pareva, che tali proposizioni ed argomenti meritassero la più seria attenzione; fu differita la risposta di Costanzo al giorno seguente; e poichè aveva pensato all’importanza di giustificare nell’opinione del popolo una guerra civile, in tali termini parlò al suo Consiglio, che lo ascoltava con reale o con affettata credulità. „La passata notte, diss’egli, poi che mi fui ritirato al riposo, m’apparve l’ombra del gran Costantino, che abbracciava il cadavere del mio defunto fratello: la voce ben nota di esso mi eccitò alla vendetta, mi vietò di disperare della Repubblica, e mi assicurò del successo e della gloria immortale, che avrebbe coronato la giustizia delle mie armi.„ L’autorità di questa visione o piuttosto l’autorità del Principe che la riferiva, servì ad acchetare ogni dubbio, e ad escludere ogni negoziazione. Furono rigettati con isdegno i termini ignominiosi di pace. Uno degli Ambasciatori del Tiranno fu rimandato colla superba risposta di Costanzo; i suoi colleghi, come indegni de’ privilegi del gius delle genti, furon posti in catene; ed i contendenti si prepararono a fare un’implacabile guerra1.

[A. D. 350] Tale fu la condotta, e tal era forse il dovere del fratello di Costante verso il perfido usurpator della Gallia. La situazione ed il carattere di Vetranione ammettevano provvisioni più dolci; e la politica dell’Im-

  1. Vedi Pietro Patrizio nell’Excerpt. Legation. (p. 27).