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408 storia della decadenza

glia. Se ne scrutinavano con maligna curiosità i gesti, gli sguardi, il silenzio, ed era perpetuamente attaccato da nemici, che non avea mai offesi, e con artifizi, ai quali non era mai stato assuefatto1. Ma nella scuola dell’avversità, Giuliano acquistò insensibilmente le virtù della fermezza e della discrezione. Egli difese il proprio onore non men che la vita dalle insidiose sottigliezze degli Eunuchi, che tentavano d’estorcere qualche dichiarazione de’ suoi sentimenti; e mentre cautamente chiudeva in se il dispiacere e la collera, nobilmente sdegnava di adulare il Tiranno con alcuna apparente approvazione della morte di suo fratello. Giuliano ascrive molto devotamente la sua miracolosa liberazione alla protezione degli Dei, che liberarono la sua innocenza dalla sentenza di distruzione, cui la lor giustizia avea pronunziata contro l’empia casa di Costantino2. Con gratitudine risguarda come il più efficace strumento della lor Providenza la costante e generosa amicizia dell’Imperatrice Eusebia3, donna

  1. Vedi Ammiano Marcellino (l. XV. c. 1, 3, 8.) Giuliano medesimo, nella sua lettera agli Ateniesi, fa una molto viva e giusta pittura del suo pericolo e de’ suoi sentimenti. Egli dimostra però qualche propensione ad esagerar le sue pene, insinuando, sebbene in termini oscuri, ch’esse durarono più d’un anno; periodo che non si può conciliare colla verità della cronologia.
  2. Giuliano ha esposto i delitti e le sventure della famiglia di Costantino in una favola allegorica con felicità immaginata, e raccontata piacevolmente. Essa forma la conclusione dell’Orazione settima, da cui fu staccata e tradotta dall’Abate della Bleterie: Vit. di Giovian. (Tom. II. p. 385-408).
  3. Essa era nativa di Tessalonica in Macedonia, di nobil famiglia, figliuola e sorella di Consoli. Si può collocare il suo matrimonio coll’Imperatore nell’anno 352. In un tempo di