Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/417

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dell'impero romano cap. xix. 411

cesso, d’assediare l’importante città di Seleucia, che era difesa da una guarnigione di tre legioni Romane. Soprattutto il Monarca Persiano, insuperbito per la vittoria, minacciava di nuovo la pace dell’Asia, e richiedevasi indispensabilmente la presenza dell’Imperatore, tanto nell’Oriente che nell’Occidente. Fu questa la prima volta che Costanzo sinceramente confessò che la sola sua forza non era capace di sostenere cure e dominj sì vasti1. Insensibile alla voce dell’adulazione, la quale l’assicurava che l’onnipotente di lui virtù e celeste fortuna avrebbe continuato a trionfare sopra ogni ostacolo, diede con piacere orecchio al consiglio d’Eusebia, che soddisfaceva la sua indolenza, senza offendere la sospettosa sua vanità. Quando ella s’accorse che la rimembranza di Gallo stava fortemente impressa nell’animo dell’Imperatore, voltò artificiosamente l’attenzione di lui agli opposti caratteri de’ due fratelli, che fin dall’infanzia erano stati paragonati a quelli di Domiziano e di Tito2. Essa avvezzò il marito a risguardar Giuliano come un giovane di una dolce non ambiziosa disposizione, la fedeltà e gratitudine del quale potevano assicurarsi col dono della porpora, e capace di occupare onoratamente un posto subordinato, senz’aspirare a disputare il comando, o

  1. Succumbere tot necessitatibus tamque crebris unum se, quod numquam fecerat, aperte demonstrans; Ammiano l. XV. c. 8. Ivi esprime con i propri lor termini le adulatrici proteste de’ Cortigiani.
  2. Tantum a temperatis moribus Juliani differens fratris, quantum inter Vespasiani filios fuit Domitianus et Titum; Ammiano l. XIV. c. 2l. 1e circostanze e l’educazione de’ due fratelli furono tanto simili, che somministrano un forte esempio dell’innate diversità de’ caratteri.