Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/117

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xxi 113

senso d’un soldato e d’un politico che a’ dettami di alcuno de’ Vescovi suoi consiglieri. Egli attribuisce l’origine di tutta la controversia ad una minuta e sottile questione intorno ad un punto incomprensibile della legge, questione che fu scioccamente promossa dal Vescovo, e sciolta imprudentemente dal Prete. Si duole, che il popolo Cristiano, che aveva lo stesso Dio, la stessa religione e lo stesso culto, fosse diviso da tali meschine distinzioni; e seriamente raccomanda al Clero d’Alessandria di seguir l’esempio de’ Greci filosofi, i quali sapevan sostenere i loro argomenti senza perder la tranquillità, e conservar la libertà propria senza violar l’amicizia. L’indifferenza ed il disprezzo del Sovrano sarebbe forse stato il metodo più efficace di por silenzio alla disputa, se la corrente popolare fosse stata meno rapida e impetuosa, e se Costantino medesimo in mezzo alla fazione ed al fanatismo avesse potuto conservar la calma ed il possesso della sua mente. Ma i suoi Ministri Ecclesiastici presto tentarono di sedurre l’imparzialità del Magistrato, e d’infiammare lo zelo del proselito. Fu egli provocato dagl’insulti fatti alle proprie statue; fu commosso dalla reale o immaginaria grandezza del male, che andava dilatandosi; ed estinse ogni speranza di pace e di tolleranza, dal momento che adunò trecento Vescovi dentro le mura d’un istesso palazzo. La presenza del Monarca accrebbe l’importanza della disputa; la sua attenzione fece moltiplicarne gli argomenti; ed egli

    ra, son molto dispiaciuti al Baronio, al Tillemont ec. i quali suppongono, che l’Imperatore avesse qualche cattivo consigliere, cioè o Satana, o Eusebio a’ suoi fianchi. Vedi Jortin Osserv. Tom. II. p. 183.