Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/15

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xx 11

Finattanto che Costantino esercitò una sovranità limitata nelle Province della Gallia, i suoi sudditi Cristiani furon protetti coll’autorità, e forse colle leggi d’un Principe, che saggiamente lasciava agli Dei la cura di vendicare il loro proprio onore. Se si dee prestar fede all’asserzione di Costantino medesimo, egli era stato con isdegno spettatore delle barbare crudeltà che soffrirono per mano de’ soldati Romani que’ cittadini, l’unico delitto de’ quali consisteva nella lor religione1. Tanto nell’Oriente quanto nell’Occidente, aveva egli veduto i diversi effetti della severità e dell’indulgenza; e siccome la prima rendevasi viepiù odiosa dall’esempio di Galerio, suo implacabil nemico, così veniva portato ad imitar la seconda dall’autorità e dal consiglio d’un genitor moribondo. Il figlio di Costanzo immediatamente sospese, o rivocò gli editti di persecuzione, o concesse a tutti quelli, che s’erano già dichiarati membri della Chiesa, il libero esercizio delle religiose lor ceremonie. Essi furon ben presto incoraggiati a fidar nel favore non meno che nella giustizia del loro Sovrano, che aveva concepito una se-

    fu recitato pochi mesi prima della guerra Italica, è pieno delle più chiare prove della superstizione Pagana di Costantino, e della sua particolar venerazione per Apollo, o pel Sole, al quale allude Giuliano, allorchè dice nell’Oraz. VII. p. 228 αμολειπων σε (abbandonando te). Vedi il Coment. dello Spanemio sui Cesari p. 317.

  1. Costantino Orat. ad Sanctos c. 25. Ma potrebbe facilmente dimostrarsi, che il Traduttore Greco ha esteso il senso dell’originale Latina; e potè anche l’Imperatore in età avanzata rammentarsi la persecuzione di Diocleziano con più vivo abborrimento di quello che aveva realmente sentito nel tempo della sua gioventù e idolatria.