Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/177

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dell'impero romano cap. xxi 173


I figli di Costantino calcaron le vestigia del loro padre con più zelo e con minor discrezione. Si moltiplicarono appoco appoco i pretesti dell’oppressione e della rapina1; fu accordata ogni sorta di condiscendenza all’illegittima condotta dei Cristiani; qualunque dubbio fu interpretato in disfavore del Paganesimo; e la demolizione de’ tempj fu celebrata come uno dei più prosperi avvenimenti del regno di Costante e di Costanzo2. È scritto il nome di quest’ultimo in fronte ad una breve legge, che avrebbe potuto render superflua qualunque posteriore proibizione. „Vogliamo che in tutti i luoghi ed in tutte le città immediatamente si chiudano i tempj, o siano diligentemente guardati, affinchè nessuno possa far male. Vogliamo ancora, che tutti i nostri sudditi si astengano da’ Sacrifizj. Se alcuno fosse reo di tal atto, provi la spada della vendetta; e dopo la morte i suoi beni siano confiscati a vantaggio del Pubblico. Estendiamo le stesse pene a’ Governatori delle Province, se trascureranno di punire i delinquenti„3. Ma vi è la più forte ragione di cre-

  1. Ammiano XXII. 4. parla di alcuni Eunuchi di Corte, che furono spoliis templorum pasti. Libanio dice Orat. pro Templ. p. 23., che l’Imperatore spesso donava un Tempio, come un cane, un cavallo, uno schiavo o una coppa d’oro; ma il devoto filosofo non lascia d’osservare, che ben di rado questi sacrileghi favoriti erano prosperati.
  2. Vedi Gothofr. Cod. Theodos. Tom. VI. p. 262. Liban. Orat. Parent. c. X. in Fabric. Bibl. Graec. Tom. VII. p. 235.
  3. Placuit omnibus locis, atque urbibus universis claudi protinus Templa, et accessu vetitis omnibus licentiam delinquendi perditis abnegari. Volumus etiam cunctos a sa-