Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IX.djvu/29

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dell'impero romano cap xlvii. 23

ciare, che Dio stesso, la seconda persona d’una Trinità, uguale e consustanziale, si fosse manifestato nella carne1: che un Ente, che riempie l’Universo fosse stato imprigionato nel grembo di Maria; che avessero i giorni, i mesi e gli anni dell’esistenza umana segnato l’epoche della sua eterna durata; che fosse stato l’Onnipossente battuto colle verghe e crocifisso; che la sua Essenza impassibile avesse provato il dolore e le angosce; che quest’Ente, che

    il Mistero, che ha tutti i motivi di credibilità, presentatici dalla teologia, per essere creduto.
    L’incomprensibile Mistero dell’Incarnazione copre d’un velo i così detti inconvenienti dell’Autore, e non presenta al vero credente che l’opera dell’amore misericordioso di Dio per salvare gli Uomini, la quale è sì grande, e sì maravigliosa da essere da teologi considerata maggiore di quella della stessa Creazione. Ciò che dopo dice il dotto Autore non è che l’esposizione esatta, e ragionata delle eresie, ossia opinioni condannate successivamente dai quattro primi Concilii generali di Nicea, di Costantinopoli, d’Efeso, e di Calcedonia, nel quarto e quinto secolo, i quali interpretando rettamente le espressioni degli Evangelici, e combinandole, (Vedi Acta Conc. Nic. I, Conc. Constan. I, Ephes. et Chalc., I in Labbè Collectio Magna, et amplissima Conciliorum etc.) determinarono, distendendo il Credo, o condannando le eresie, quella credenza, che dovevasi avere contro le torte opinioni, e partiti furiosi, che scompigliarono, e continuarono lungo tempo a trambustare, anche dopo le decisioni, la Chiesa, e lo Stato perfino con grandi massacri: il tempo la cui azione non cessa, mai, i decreti, e la forza degli Imperatori cattolici vennero in soccorso della pronunciata ortodossia, e posero fine a’ mali delle controversie teologiche, che laceravano le province del romano Impero. (Nota di N.N.)

  1. Questa frase energica può giustificarsi con un passo di S, Paolo (I Tim. III, 16); ma le Bibbie moderne c’ingan-