Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IX.djvu/31

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dell'impero romano cap xlvii. 25

e la filosofia commessa alle sue opere. Degno amico di S. Atanasio, e degno avversario di Giuliano, lottò coraggiosamente contro gli Ariani e i Politeisti; e comunque affettasse il rigore delle dimostrazioni geometriche, espose ne’ suoi commentari il senso letterale e l’allegorico delle Scritture. Le sue cure funeste ridussero ad una forma tecnica un Mistero ch’avea fluttuato lungo tempo nell’onda dell’opinion popolare, e pubblicò per la prima volta queste memorande parole. „Una sola Natura incarnata in Gesù Cristo„; parole che risuonano ancora come un grido di guerra nelle Chiese d’Asia d’Egitto e d’Etiopia. Insegnò che la Divinità s’era unita o mescolata col corpo d’un uomo, e che il Logos o l’eterna Sapienza avea in Gesù tenuto luogo e adempiuto le voci dell’animo umano; ma quasi fosse atterrito esso stesso dalla sua temerità fu inteso mormorar qualche parola di scusa e di spiegazione. Ammise la distinzione antica, che posta aveano i filosofi Greci tra l’anima ragionevole, e l’anima sensitiva dell’uomo; così riservava il Logos per le operazioni intellettuali, ed impiegava il principio umano, subordinato a quello, nelle funzioni meno rilevanti della vita animale. Coi più moderati dei Doceti riveriva Maria, come la madre spirituale, anzi che la madre carnale di Gesù Cristo, il Corpo del quale era venuto dal Cielo impassibile ed incorruttibile, ovveramente era stato assorto e trasformato nell’Essenza di Dio. Il sistema d’Apollinare fu vivamente combattuto dai Teologi d’Asia e di Siria, la cui scuola si gloria dei nomi di S. Basilio, di S. Gregorio e di S. Grisostomo, e arrossisce di quelli di Diodoro, di Teodoro e di Nestorio, ma non si