Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/99

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dell'impero romano cap. xxv. 95

a cavallo sotto gli ordini di un Conte e d’un Tribuno. Para avrebbe dovuto cedere alla maggior forza, se l’accidentale arrivo d’un viaggiatore suo amico non gli avesse manifestato il pericolo ed i mezzi per evitarlo. Un oscuro e quasi impraticabil sentiero per un folto bosco condusse in sicuro la truppa Armena, e Para si era lasciati dietro il Conte ed il Tribuno, mentre stavano essi pazientemente aspettando l’arrivo di lui per le pubbliche strade. Tornarono dunque alla Corte Imperiale, scusando la loro mancanza di diligenza o di successo; e seriamente addussero in lor difesa, che il Re d’Armenia, il quale era un abile Mago, aveva trasformato se stesso ed i compagni, ed era passato avanti ai lor occhi sotto un’altra figura. Tornato Para al nativo suo regno, tuttavia continuò a professarsi amico ed alleato dei Romani; ma questi troppo aspramente l’avevano ingiuriato per lasciarlo in pace, e fu pronunziata nel consiglio di Valente la segreta sentenza della sua morte. Fu commessa la fatale esecuzione di essa alla sottil prudenza del Conte Trajano; ed egli ebbe il merito d’insinuarsi nella confidenza del credulo Principe in modo, che potè trovar la comodità di trafiggergli il cuore. Para fu invitato ad un banchetto Romano che era stato preparato con tutta la pompa e tutto il lusso Orientale; la sala risuonava di grata musica, e la compagnia era già riscaldata dal vino, allorchè il Conte ritirossi per un momento, sfoderò la spada, e diede il segno dell’uccisione. Immediatamente corse addosso al Re d’Armenia un robusto e disperato Barbaro; e quantunque egli bravamente difendesse la propria vita con la prima arma che a caso gli capitò nelle mani, la mensa dell’Imperial comandante restò macchiata dal