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166 storia della decadenza

ostinato orgoglio, la sicurezza delle paludi e delle fortificazioni di Ravenna, essi abbandonarono Roma, quasi senza difesa, allo sdegno d’Alarico. Pure tanta fu la moderazione, che ei tuttavia conservava o affettava di conservare, che quando si mosse col suo esercito per la via Flaminia, spedì uno dopo l’altro i Vescovi delle città d’Italia a rinnovare le sue proposizioni di pace, ed a scongiurare l’Imperatore di voler salvare la città ed i suoi abitanti dall’ostil fuoco e dal ferro dei Barbari1. Furono però allontanate queste imminenti calamità, non già per la saviezza d’Onorio, ma per l’umanità o la prudenza del Re Goto, che usò un più dolce quantunque non meno efficace metodo di conquista. Invece di assalire la Capitale, diresse con felice successo le sue operazioni contro il porto d’Ostia, una delle più ardite e stupende opere della magnificenza Romana2. Gli accidenti, a’ quali era continuamente esposta la precaria sussistenza della città in un’invernale navigazione, ed in una strada aperta, ne avean suggerito al genio del primo Cesare l’util disegno, che fu poi eseguito sotto l’Impero di

  1. Zosimo l. V. p. 368, 369. Io ho moderato l’espressioni d’Alarico, il quale si diffonde in uno stile troppo florido sull’istoria di Roma.
  2. Vedi Sueton. in. Claud. c. 20. Dione Cassio lib. LX. p. 949. edit. Reimar. e la vivace descrizione di Giovenale Sat. XII. 75. ec. Nel secolo decimosesto, allorchè i residui di questo augusto Porto eran tuttora visibili, gli Antiquari ne abbozzaron la pianta (vedi Danville Mem. dell’Accad. delle Inscriz. Tom. XXX. p. 198), e dichiararono con entusiasmo, che tutti i Monarchi dell’Europa non sarebbero stati capaci d’eseguire un’Opera così grande (Bergier, Hist. des grands chemins des Romains Tom. II. p. 356).