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462 storia della decadenza

de’ vizi della Corte era il giuoco precipitoso: l’Imperatore, che a caso o per astuzia aveva vinto a Massimo una somma considerabile, scortesemente volle il suo anello in pegno del debito; e lo mandò per un fedel messaggiero alla moglie di esso con un ordine, in nome del marito, ch’ella immediatamente si portasse presso l’Imperatrice Eudossia. La moglie di Massimo, senza sospetto alcuno, si fece nella propria lettiga trasportare al Palazzo Imperiale; gli emissari dell’impaziente amante di lei la condussero ad una remota, e tacita camera; e Valentiniano violò, senza rimorso, le leggi dell’ospitalità. Le lacrime di lei, quando tornò a casa; la sua profonda afflizione e gli amari suoi rimproveri contro il marito, ch’essa risguardava come complice della sua vergogna, eccitarono Massimo ad una giusta vendetta; il desiderio della vendetta era stimolato dall’ambizione, ed egli poteva con fondamento aspirare, mediante i liberi voti del Senato Romano, al trono d’un odiato e disprezzabil rivale. Valentiniano, il quale supponeva che ogni petto umano fosse, come il suo, privo d’amicizia e di gratitudine, aveva imprudentemente ammesso fra la sue guardie vari domestici seguaci di Ezio. Due fra questi, di stirpe barbara, furono indotti ad eseguire un sacro ed onorevol dovere con punir di morte l’assassino del loro Signore; e l’intrepido loro coraggio non aspettò lungamente il favorevol momento di farlo. Mentre Valentiniano si divertiva nel campo di Marte ad osservare alcuni esercizi militari, essi ad un tratto l’assalirono con le armi sguainate, uccisero il colpevole Eraclio, e passarono il cuore all’imperatore, senza che il numeroso suo seguito facesse la minima opposizione, sembrando che tutti si rallegrassero della morte del Tiranno. Tale fu