Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/23

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dell'impero romano cap. xxxvii. 17

secolo: ma i Monasteri s’empivano d’una folla di oscuri ed abietti plebei1, che nel chiostro guadagnavano molto più di quel che avessero sacrificato nel Mondo. I contadini, i servi e gli artefici potevan passare dalla povertà e dal disprezzo ad una sicura ed onorevole professione, gli apparenti travagli della quale venivano mitigati dall’uso, dall’applauso popolare, e dal segreto rilassamento della disciplina2. I sudditi di Roma, le persone e sostanze de’ quali eran sottoposte a diseguali ed esorbitanti tributi, si ritiravano dall’oppressione del Governo Imperiale; ed il giovane pusillanime preferiva la penitenza d’una vita Monastica a’ pericoli della milizia. Gli atterriti Provinciali d’ogni ceto, che fuggivano da’ Barbari, vi trovavan rifugio e sussistenza; e delle intere legioni si seppellivano in que’ religiosi santuari, e la medesima causa, che sollevava l’angustia degl’individui, diminuiva la forza, ed il vigor dell’Impero3.

  1. Nunc autem veniunt plerumque ad, hanc professionem servitutis Dei, et ex conditione servili, vel etiam liberati, vel propter hoc a dominis liberati, sive liberandi; et ex vita, rusticana, et ex opificum exercitatione, et plebejo labore. Augustin. de oper. Monach. c. 22, ap. Thomassin. Discipl. de l’Eglis. Tom. III. p. 1094. Quell’Egizio, che biasimò Arsenio, confessò che faceva una vita più comoda da Monaco, che da pastore. Vedi Tillemont Mem. Eccles. Tom. XIV. p. 679.
  2. Un Frate Domenicano (Voyag. du P. Labat Tom. 1, p. 10) che alloggiò a Cadice in un Convento di suoi confratelli, tosto conobbe, che le preghiere notturne non interrompevano mai il loro riposo, quoiqu’ on ne laisse pas de sonner pour l’edification du peuple.
  3. Vedi una Prefazione molto sensata di Luca Holstenio al Codex Regularum. Gl’Imperatori tentarono di sostenere