Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/265

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dell'impero romano cap. xl. 259

poli alla testa d’una vittoriosa e formidabile armata di Barbari. Sulla fragile sicurezza de’ giuramenti, si lasciò indurre ad abbandonar quella vantaggiosa situazione, ed a fidare la sua persona alle mura d’una Città, di cui gli abitanti, specialmente quelli della fazione Azzurra, erano stati ad arte irritati contro di lui con la rimembranza fino delle sue pie ostilità. L’Imperatore ed il suo nipote l’abbracciarono come un fedele e degno campione della Chiesa e dello Stato; e graziosamente decorarono il loro favorito co’ titoli di Console e di Generale; ma nel settimo mese del suo Consolato, Vitaliano fu trucidato con diciassette ferite alla mensa reale1; e Giustiniano, che n’ereditò le spoglie, fu accusato come l’assassino di un fratello spirituale, a cui aveva di fresco impegnato la sua fede nella partecipazione de’ Misteri Cristiani2. Dopo la caduta del suo rivale fu questi promosso, senz’alcun merito di servizio militare, alla carica di Comandante Generale degli eserciti orientali, ch’ei doveva condurre in campo contro il pubblico nemico. Ma, cercando la fama, Giustiniano avrebbe potuto perdere il dominio che aveva sopra

  1. Il Conte di Buat (Tom. IX p. 54, 81) spiega a maraviglia la potenza, il carattere e le intenzioni di esso. Egli era pronipote d’Aspar, Principe ereditario nella Scizia minore, e Conte de’ Confederati Gotici di Tracia. I Bessi, sopra quali esso poteva influire, sono i Goti minori di Giornandes (c. 51).
  2. Justiniani Patricii factione dicitur interfectus fuisse (Victor. Tununens. Chron. in Thesaur. Temp. Scalig. P. II p. 7). Procopio (Anecdot. c. 7) lo chiama tiranno, ma riconosce l’ αδελφοπιστια (Fede fraterna), che bene si spiega dall’Alemanno.