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la Persia a’ suoi esterni e domestici nemici; e passarono dodici anni di confusione, prima che il suo figlio Cabade, o Kobad potesse formare alcun disegno d’ambizione o di vendetta. [A. 502-505] La disobbligante parsimonia di Anastasio fu il motivo o il pretesto d’una guerra coi Romani1; marciarono sotto le bandiere de’ Persiani gli Unni e gli Arabi; e le fortificazioni dell’Armenia e della Mesopotamia erano allora in una condizione imperfetta o rovinosa. L’Imperatore ringraziò il Governatore ed il Popolo di Martiropoli per aver subito reso una Città, che non poteva difendersi con buon successo, e l’incendio di Teodosiopoli potea giustificar la condotta dei prudenti di lei vicini. Amida sostenne un lungo e rovinoso assedio: al termine di tre mesi la perdita di cinquantamila soldati di Cabade non era bilanciata da verun prospetto di buon successo; ed in vano i Magi deducevano una lusinghiera predizione dall’indecenza delle donne, che dalle mura avevano esposte le più segrete lor parti agli occhi degli assedianti. Una notte alla fine tacitamente salirono sulla torre più accessibile, che non era guardata che da alcuni Monaci oppressi, dopo le funzioni d’una solennità, dal sonno e dal vino. Allo spuntar del giorno, furono applicate le scale alle mure, la presenza di Cabade, il terribile suo comando, e la sua spada sguainata costrinsero i Persiani a vincere, e prima che quella fosse rimessa nel fodero, ottantamila abitanti avevano

  1. La descrizione della Guerra Persiana sotto i regni di Anastasio e di Giustino può trarsi da Procopio (Persic. l. I c. 7, 8, 9), da Teofane (In Chronograph. pag. 124, 127), da Evagrio (L III c. 37), a Marcellino (in Chron. p. 47), e da Giosuè Stilita (ap. Asseman. Tom. I p. 272, 281).