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386 storia della decadenza

Si imbarcaron le truppe in centoventi galere nel porto di Cagliari, gettaron l’ancora il terzo giorno a’ confini della Mauritania, e proseguirono in fretta il loro cammino per riunirsi alle bandiere Reali nel campo di Bulla. Tristo ne fu l’incontro: i due fratelli s’abbracciarono; piansero in silenzio; nulla fu domandato della vittoria di Sardegna, nessuna ricerca si fece delle disgrazie dell’Affrica. Avevano essi d’avanti a’ lor occhi tutta l’estensione delle loro calamità; e l’assenza delle proprie mogli e de’ figli somministrava una luttuosa prova che era loro toccata o la morte o la schiavitù. Si risvegliò finalmente il languido spirito de’ Vandali, e si riunirono per l’esortazioni del loro Re, per l’esempio di Zanone, e per l’imminente pericolo che minacciava la loro Monarchia e Religione. La forza militare della Nazione s’avanzò alla battaglia; e tale fu il rapido loro accrescimento che prima che l’armata giungesse a Tricameron, circa venti miglia lontano da Cartagine, poteron vantare, forse con qualche esagerazione, che sorpassavano dieci volte le piccole forze de’ Romani. Queste forze però eran sotto il comando di Belisario, il quale, siccome conosceva il superiore lor merito, permise, che i Barbari lo sorprendessero in un’ora inopportuna. I Romani ad un tratto si posero in armi: un piccolo rio ne copriva la fronte: la cavalleria formava la prima linea, che aveva nel centro Belisario alla testa di cinquecento guardie: l’infanteria fu posta a qualche distanza in una seconda linea: e la vigilanza del Generale osservava la separata situazione e l’ambigua fede de’ Massageti che segretamente riserbavano il loro aiuto per i vincitori. L’Istorico ha riportato, ed il Lettore può facilmente im-