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388 storia della decadenza

notte restaron nascoste le più barbare scene di disordine. Fu crudelmente trucidato qualunque Barbaro, cui incontrarono le loro spade: le vedove e le figlie di quelli, abbracciate furono come ricche eredi o belle concubine da’ licenziosi soldati; e l’avarizia medesima restò quasi sazia de’ tesori d’oro e d’argento, frutti della conquista o dell’economia, accumulati in un lungo periodo di prosperità e di pace. In questa furiosa ricerca anche i soldati di Belisario dimenticarono la loro riservatezza e rispetto. Acciecati dalla cupidigia e dalla rapacità, esploravano in piccole partite o soli le addiacenti campagne, i boschi, gli scogli, e le caverne che potesser celare qualche cosa di prezzo; carichi di bottino abbandonarono i loro posti e andavano senza guida vagando per le strade, che conducevano a Cartagine; e se i fuggitivi nemici avessero ardito di tornare indietro, ben pochi de’ conquistatori sarebbero scampati. Belisario, profondamente penetrato dalla vergogna e dal pericolo, passò con apprensione una notte sul campo di battaglia; ed allo spuntar del giorno piantò la sua bandiera sopra di un Colle, riunì le sue guardie ed i veterani, ed appoco appoco restituì la moderazione e l’ubbidienza nell’esercito, Il Generale Romano prese uguale interesse nel sottomettere i Barbari nemici, che nel salvarli prostrati; ed i Vandali supplichevoli che si trovavano solo nelle Chiese, furon protetti dalla sua autorità, disarmati e situati separatamente in maniera che non potessero nè disturbar la pubblica pace, nè divenir le vittime della vendetta popolare. Dopo aver mandato un piccol distaccamento ad investigare le traccie di Gelimero, s’avanzò con tutta la sua armata per circa dieci giornate di cammino fino ad Ippone