Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/411

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dell'impero romano cap. xli. 405

una Legione e capace di quarantamila abitanti. Il tempio Ionico d’Esculapio è circondato di capanne Moresche; ed il bestiame ora si pascola in mezzo ad un anfiteatro sotto l’ombra di colonne Corintie. S’alza perpendicolarmente un aspro scoglio sopra il livello della montagna, dove i Principi Affricani depositavano le mogli ed il tesoro; ed è un proverbio famigliare fra gli Arabi, che può mangiare il fuoco quell’uomo che ardisce d’attaccare le dirupate balze, ed i selvaggi abitanti del monte Aurasio. Fu due volte tentata questa difficile impresa dall’Eunuco Salomone: la prima si ritirò con qualche vergogna; e la seconda tanto la sua pazienza quanto le provvisioni erano già quasi esauste, e bisognava ch’ei di nuovo si ritirasse se non avesse ceduto all’impetuoso coraggio delle sue truppe, che audacemente scalarono, con sorpresa de’ Mori, la montagna, il campo nemico e la cima della rocca Geminia. Vi fu eretta una cittadella per assicurare quest’importante acquisto, e per rammentare ai Barbari la loro disfatta: e siccome Salomone proseguì la sua marcia all’occidente, la provincia della Mauritania Sitifi, da gran tempo perduta, fu di nuovo annessa all’Impero Romano. La guerra co’ Mori continuò per più anni dopo la partenza di Belisario; ma gli allori, ch’ei lasciò ad un fedel Luogotenente, si possono attribuir giustamente al proprio di lui trionfo.

L’esperienza de’ passati errori, che può talvolta correggere l’età matura d’un individuo, rare volte riesce di vantaggio alle successive generazioni della stirpe umana. Le Nazioni dell’antichità, non curando la reciproca salvezza l’una dell’altra, furono separatamente vinte e fatte schiave da’ Romani; questa formidabil lezione avrebbe dovuto istruire i Barbari dell’Occidente