Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/421

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xli. 415

morte della Regina con dispiacere e con isdegno; ed in nome del suo Padrone dichiarò immortal guerra contro il perfido di lei assassino. In Italia, ugualmente che in Affrica il delitto d’un usurpatore parve, che giustificasse le armi di Giustiniano; ma le forze ch’egli apparecchiò, non eran sufficienti per rovesciare un potente Regno, se il piccolo numero di esse non si fosse aumentato dal nome, dallo spirito e dalla condotta d’un Eroe. Una scelta truppa di guardie a cavallo armate con lancie e scudi, accompagnavano la persona di Belisario; la sua cavalleria era composta di dugento Unni, di trecento Mori, e di quattromila Confederati; e l’infanteria consisteva in soli tremila Isauri. Il Console Romano dirigendo il suo corso come nella prima spedizione, gettò l’ancora avanti a Catania in Sicilia per osservare la forza dell’Isola, e per determinare, se dovea tentarne la conquista o pacificamente proseguire il suo viaggio per la costa di Affrica. Ei vi trovò un fertil terreno, ed un Popolo amichevole. Nonostante la decadenza dell’agricoltura, la Sicilia sosteneva sempre i granai di Roma; gli affittaiuoli di essa erano graziosamente esentati dall’oppressione de’ quartieri militari; ed i Goti, che affidavano la difesa dell’Isola a’ suoi abitanti, ebber ragione di dolersi, che la lor fiducia fu ingratamente tradita. Invece di chiedere ed aspettare l’aiuto del Re d’Italia, essi alle prime intimazioni prestarono volentieri ubbidienza; e questa Provincia, ch’era stata il primo frutto delle guerre Puniche, dopo una lunga separa-

    gina Gundelina all’Imperatrice Teodora (Var. X, 20, 21, 23 e si osservi una parola sospetta, de illa persona ec.) con l’elaborato Commercio di Buat (Tom. X p. 177, 185).